Costruire con il modellismo navale

In questo sito potrete trovare una vastissima raccolta di piani costruttivi di modelli di navi trovati nel web.Inoltre troverete sezioni dedicate a foto e filmati sempre scaricati dalla rete.

domenica 18 gennaio 2009

le bacheche

Il nemico numero uno dei nostri modelli è la polvere.
Questa attacca in breve tempo il legno le vele ed il refe in modo tenace che per toglierla spesso crea grossi disagi.
Il modo più semplice ed economico consiste nello spennellare le parti con un pennello dalle setole morbide e lunghe.
Il rovescio della medaglia però comporta che tale lavoro, affinché sia efficace, dovrà essere fatto tutti i giorni od al massimo a giorni alterni.
Per faticare meno, è possibile soffiare aria a bassa pressione e comunque con la stessa cadenza temporale del pennello.
Per ovviare a tutto questo e per mantenere il modello sempre in ottime condizioni ricorriamo all’utilizzo della bacheca.
Questa consta di un piano di base più o meno lavorato, intonato all’ambiente nel quale verrà posizionata ed una scatola di vetro o plexiglass poggiata sul piano stesso (come se fosse un acquario rovesciato).
Il modello andrà vincolato al centro della base e sarà quindi protetto, oltre che dalla polvere, anche da urti accidentali.
LA BACHECA (costruzione)
Ogni modello è sempre esposto ad urti accidentali ed a raccogliere quanta più polvere possibile, specialmente le vele ed il sartiame.
Per ovviare a questo, bisogna scegliere di posizionarla in un luogo lontano dalla portata di chi guarda con le mani anziché con gli occhi ed armarsi di quanto detto prima.
La costruzione della bacheca non è complicata ed è divisa in due parti: la base e la vetrina.
La costruzione della base può essere fatta in vari modi che andremo qui di seguito ad esaminare.
In primo luogo occorre prendere le misure fuori tutto del modello compreso d’invasatura poi aggiungere dai cinque ai dieci centimetri in più per lato.
Le dimensioni risultanti saranno quelle interne della vetrinetta.
Si è detto interne perché la misura esterna varia al variare dello spessore del cristallo e questo aumenta con l’aumentare delle dimensioni della vetrina.
Conoscendo ora questi elementi passiamo alla costruzione del piano.
Acquisire un piano dello spessore che va dai dieci millimetri in su (sempre relativo alla grandezza del modello) avente le dimensioni dei lati come quelle interne della vetrina.
Fare un secondo piano con dimensioni maggiorate rispetto al precedente pari allo spessore del cristallo usato.
Incollare, centrandolo, il piano piccolo su quello grande in modo da formare un corpo unico avente un dente perimetrale dove verrà poi poggiata la vetrinetta.
Fissare al centro di questo l’invasatura.
Per quanto riguarda il tipo di legno da usare è certamente migliore un massello, che poi sia di noce, di rovere, di mogano o del rosso paduca scegliete voi.
Nessuno vieta eventualmente di usare del compensato multistrato per poi rivestirlo con fogli d’impiallacciatura o di tranciato di legno pregiato.
Per tale scopo occorre rammentare di tener conto dello spessore del rivestimento e che questo è conveniente incollarlo con della colla a contatto tipo Bostik.
Questo tipo di colla va spalmata su tutte e due le superfici da incollare, attendere qualche minuto finché, passando con le dita, non appiccichi più dopodiché unire le due parti pressandole.
Porre attenzione durante l’applicazione a posizionare bene i pezzi perché la presa è istantanea e non e più possibile rimuovere le parti.
Per questo motivo è conveniente abbondare nelle dimensioni del rivestimento che andrà poi, ad incollaggio ultimato, rifilato.
La costruzione della vetrina probabilmente sarà conveniente affidarla ad un buon vetraio sia per quanto riguarda il taglio, la molatura (viene chiamata filo lucido) dei pezzi, il consiglio sullo spessore da usare e l’eventuale incollaggio degli stessi.
Spesso non conviene incollarceli da soli ma se qualcuno di voi vuol farlo è bene munirsi di:
8 morsetti di quelli usati per le cornici.
colla al silicone con relativo dispenser.
lametta.
incollare dapprima i quattro lati verticali vincolandoli con i morsetti;
lasciare asciugare per ventiquattro ore;
pulire l’eccesso di colla rifilando il cordoncino che si è formato con la lametta;
incollare il coperchio ed attendere di nuovo l’essiccazione della colla;
ripetere l’operazione di pulizia;
infine detergere tutto con dell’alcool e carta di giornale.
La stessa lavorazione descritta per il vetro vale anche nel caso si voglia utilizzare la materia plastica, l’unico appunto è quello di non usare colla al silicone ma una adatta al tipo di plastica che si è preso in considerazione.

VARIAZIONI SULLA COSTRUZIONE
Per incrementare la decorosità della bacheca si possono incollare lungo il perimetro esterno della base una cornice.
La scelta però deve essere oculata, nel senso che è bene tenere conto sia dell’epoca della nave che dell’arredamento del locale dove andrà inserita la bacheca stessa.
Un’ulteriore accessorio potrebbe essere l’illuminazione.
In questo caso occorre dimensionare la base in modo da poterci inserire l’impianto elettrico con i porta lampade (una per lato orientati verso il modello).
Le lampade da usare devono essere degli spots a bassa tensione i quali concentrano il fascio in un raggio ristretto e quindi la luminosità non si disperde all’esterno della bacheca. L’interruttore ed il filo d’ingresso della corrente verrà sistemato sul lato che sarà più nascosto rispetto l’osservatore.

le invasature

Le invasature servono per supportare il nostro modello navale in posizione normalmente orizzontale (anche se a volte si preferisce un pochino inclinato) e stabile anche in casi di urti involontari di una certa entità.
LE INVASATURE (costruzione)
La costruzione delle invasature lascia libero sfogo alla creatività del modellista.
Quella più semplice consiste nel costruire due supporti verticali uniti tra loro da due fasce o listelli orizzontali.
Nei piani costruttivi sono disegnati già i pezzi che si dovranno riportare su legno con lo stesso sistema usato per le ordinate.
Però poiché il disegno su carta e la realtà fisica del modello da noi costruito non è mai perfettamente identica, sarebbe opportuno riportare i pezzi suddetti non direttamente su legno ma su cartoncino.
Tagliato il cartoncino lo presentiamo sullo scafo verificando le eventuali discrepanze aggiungendo o togliendo materiale rispettivamente se c’è aria oppure se è troppo chiuso (vedi la costruzione del falso ponte).
Se gli errori sono molti è conveniente rifare il pezzo.
Una volta definito con il cartoncino, riportare la sagoma su legno e segare.
E’ preferibile, da un punto di vista estetico, di utilizzare una tavoletta di massello di noce ed unire, spaziandoli, i due supporti con due listelli dello stesso tipo di legno.
In alternativa al posto di questi supporti si utilizza una base in legno, proporzionata al modello, e su questa fissate tramite spine in legno duro, per esempio il ramino, due colonnine tornite aventi all’estremità superiore uno scasso nel quale verrà inserita la chiglia.
Al centro della base o sulla fascia di unione viene applicata la targa di identificazione.
La targa può essere acquistata, ce ne sono di vari tipi, o costruita.
Se vogliamo farcela da soli utilizziamo il supporto che più ci aggrada, legno, ottone, rame ecc. e scriviamo il nome del modello e l’epoca oppure la data se è certa con le lettere trasferibili.
VARIAZIONI SULLA COSTRUZIONE
Come accennato prima la cosa è molto soggettiva, l’unica attenzione che si deve tenere è quella di scegliere le forme ed i materiali adatti all’epoca.
Avremo quindi forme più curve ed incise per navi del 1400 - 1600, avremo invece forme più lineari per i modelli del 1700 - 1800.
Alternativamente ai supporti descritti possiamo utilizzare anziché le colonnine od i supporti sagomati,
delle fusioni metalliche reperibili in commercio raffiguranti delfini o draghi marini con posizioni tali da permettere alle code di sostenere lo scafo.

l’animazione

Per aumentare la quantità di dettagli di un modello navale è possibile, dal momento che si trovano in commercio, animarlo con figurine in scala rappresentanti capitani e marinai in svariate posizioni che raffigurano gli atteggiamenti più usuali.
Bisogna però fare molta attenzione ad introdurre questi personaggi perché si deve considerare il fatto che gli equipaggi erano assai numerosi, fino a svariate centinaia di uomini nel caso di grandi vascelli, e quindi sarebbe un controsenso dislocarli sei od otto per il modello.
Con questo non voglio dire di metterne quanti come nella realtà ma almeno far notare che ce ne sono in buona quantità.
L’ANIMAZIONE (costruzione)
I figurini rappresentanti i marinai sono in piombo, anche se in effetti sono composti anche da altre leghe, e quindi non esiste una vera e propria costruzione a meno che non siamo degli scultori provetti.
Si presenta invece un lavoro di verniciatura che deve essere eseguito nel migliore dei modi per mettere bene in evidenza i numerosi dettagli presenti.
Innanzitutto bisogna stendere una mano di fondo (primer) per migliorare l’adesione della vernice.
La prima cosa da colorare sono gli occhi partendo dalla pupilla per poi circoscriverla con il bianco del bulbo.
In questo modo risulta più semplice la colorazione e soprattutto evita lo strabismo che spesso si vede nelle realizzazioni.
Successivamente si passa al resto del corpo usando gli altri colori, dal più chiaro al più scuro.
Per eventuali sovrapposizioni attendere che si sia ben asciugato quello che poi verrà coperto.
Per gli ufficiali colorare le calzature in nero od in marrone, i pantaloni e la camicia bianchi, il gilet ed il giaccone rosso se francese o blu se inglese con bordure in oro, il copricapo in nero.
Per i marinai semplici colori scuri, quali il blu, il verde, il nero ed il marrone e raramente il bianco ed il rosso.
Preferire sempre i colori opachi anziché lucidi perché rendono meglio l’effetto della stoffa, tutt’al più il colore lucido sarà destinato al nero delle scarpa degli ufficiali. Naturalmente tutto ciò che riguarda la colorazione è una traccia di massima generalizzata, dobbiamo rammentare che gli equipaggi dei vascelli e comunque di navi ai servizi reali indossavano delle vere e proprie divise come per le fanterie a terra, quindi se il modello costruito ne merita sarebbe giusto documentarsi ulteriormente (magari uscirà un’altra mia pubblicazione in proposito) sui colori specifici della nazionalità e dell’epoca in cui sono vissuti.

le bandiere

Le bandiere sono drappi colorati di molteplici forme e colori indicanti la provenienza nazionale della nave, l’armatore, il casato.
Oltre alle bandiere nazionali vi erano bandiere piratesche, bandiere di segnalazione e di gran pavese.
LE BANDIERE (costruzione)
La costruzione delle bandiere solitamente non viene effettuata poiché sono commercializzate e stampate con macchinari adatti in modo da avere più dettagli possibili nei disegni più complicati.
C’è da dire che quando si ritagliano, il bordino perimetrale della bandiera deve rimanere per evitare la sfilacciatura che altrimenti avverrebbe.
Generalmente il lato che deve essere usato per fissare la bandiera presenta una superficie prolungata nella quale, una volta piegata, riceve il cordino per issarla.
Incollare il bordino con all’interno il cordino con colla cellulosica o vinilica e tenere premuto il lembo piegato con delle mollettine.
Legare le bandiere alle rispettive aste.
VARIAZIONI SULLA COSTRUZIONE
Difficilmente il modellista navale si autocostruisce le bandiere, per chi desidera farlo operare come segue.
Acquisire della stoffa molto fina, la stessa usata per la costruzione delle vele, denominata pelle d’uovo oppure del percalle.
Disegnare sulla stoffa il soggetto con una matita dalla mina molto morbida, per esempio una 2B senza calcare, poi colorare gli spazi con appositi colori per stoffe.
Eseguire questo lavoro su tutti e due i lati e lasciare asciugare perfettamente.
Tagliare i contorni della bandiera e, lungo il perimetro nel senso dello spessore, passare una leggera pennellata di colla vinilica diluita (come se fosse latte) la quale permette dopo l’essiccazione, di non far sfilacciare la stoffa.

le manovre correnti

Le manovre correnti sono tutti quei sistemi di funi atti a manovrare i pennoni e le vele.
Queste manovre sono così suddivise:
amantigli, drizze, bracci, mure, scotte, imbrogli, boline, ritenute della boma ed ostini dei picchi.
Gli amantigli sono quelle manovre che reggono l’estremità del pennone per tenerlo orizzontale.
Le drizze sono tutte quelle manovre atte ad alzare le vele. I nomi delle drizze sono gli stessi di quelli delle vele a cui appartengono.
I bracci sono tutte quelle manovre fissate all’estremità dei pennoni e servono per orientali per le diverse andature.
Le mure sono cavi che tirano e fissano verso prua l’estremità inferiori delle vele.
Le scotte sono invece cavi che tirano e fissano verso poppa l’estremità inferiore delle vele.
Gli imbrogli sono cavi che servono per ammainare le vele e raccoglierle ai pennoni.
Le boline sono un’insieme di cavi che tendono i lati verticali delle vele verso prua in modo da stringere il vento.
Le ritenute della boma sono i due paranchi formati da altrettanti bozzelli poste alla base della boma per tenerla verso il basso e regolarne l’escursione.
Gli ostini sono cavi che tengono, lateralmente, i picchi.
LE MANOVRE CORRENTI (costruzione)
La costruzione delle manovre correnti, per quanto riguarda stroppature e protezione dei cavi, seguono le stesse lavorazioni di quelle fisse.
La differenza risiede nel fatto che le manovre correnti, essendo mobili non sono trattate e risultano di colore canapa naturale, hanno bisogno di essere legate e slegate.
Per questo motivo vengono assicurate a particolari attrezzi chiamati caviglie che sono perni in legno sistemati su rastrelliere chiamate cavigliere o pazienze poste lateralmente ed internamente alla nave ed ai piedi di ogni albero maggiore.
La legatura alla caviglia viene chiamata volta.
Esaminiamo ora le varie manovre che per semplicità di descrizione e di comprensione descriviamo l’iter dei passaggi.
Amantigli: partono dalla varea del pennone, passano attraverso i bozzelli posti sulla testa di moro e scendono al piede d’albero.
Drizze: generalmente doppie nei pennoni maggiori, partono con una gassa d’amante sul pennone, attraversano la testa di moro e finiscono su un bozzello triplo il quale arrida con un bittone saldamente fissato ai bagli.
Bracci: vanno distinte a seconda della destinazione.
Bracci di trinchetto, partono come dormienti sulla gassa dello straglio di maestra, passano attraverso un bozzello ad un occhio fissato sull’estremità del pennone, ritornano in un bozzello a due occhi stroppato sulla stessa gassa, poi passano attraverso un’altro bozzello fissato sulla prima sartia verso prua per attraversare, scendendo lungo l’albero, un’ulteriore bozzello posto sul ponte per poi essere fissato a caviglia.
Bracci di parrocchetto, seguono lo stesso itinerario di quelli di trinchetto.
Bracci di pappafico di trinchetto, partono dal pennone, passano in un bozzello fissato sulla gassa dello straglio di gabbia, poi in un altro bozzello fissato a poppavia della coffa, scendendo lungo l’albero di maestra ripassano attraverso un bozzello fisso sullo straglio di maestra, attraversano poi un ultimo bozzello vincolato a capodibanda di poppa per poi finire a caviglia.
Bracci di contropappafico di trinchetto, partono dall’estremità del pennone, attraversano un bozzello posto sullo straglio di gabbia maestra, passano in un bozzello fissato all’incappellatura dell’albero di trinchetto per finire poi sulla caviglia del capodibanda del castello di prua.
Bracci di maestra, partono come dormienti da un anello posto esternamente sopra i giardinetti, passano in un bozzello ad un occhio fissato sull’estremità del pennone, ritornano a poppa attraversando un bozzello ad un occhio posto sull’impavesata del casseretto e lì, vicino al bozzello legati alle rispettive caviglie.
Bracci di gabbia maestra, partono da dormienti sulla gassa dello straglio di mezzana, passano attraverso un bozzello stroppato sul pennone, ritornano verso l’albero di mezzana attraversando un bozzello,passano poi in un’ulteriore bozzello posto sulla sartia maestra poppiera a circa 2/3 di altezza per poi arrivare in un ultimo bozzello fissato sul ponte e voltato a caviglia.
Bracci del pappafico di maestra, partono dal pennone, passano attraverso un bozzello sulla crocetta dell’albero di contromezzana, attraversa la coffa per finire a caviglia.
Bracci di contropappafico di maestra, partono dai pennoni, passano attraverso un bozzello fissato sull’albero di belvedere, scendono lungo l’albero, attraversano la coffa per finire a caviglia.
Bracci di verga secca, partono come dormiente sulla sartia di maestra a circa 2/3 dell’altezza, attraversano il bozzello fissato sull’estremità del pennone, ritornano sulla stessa sartia, attraversano un bozzello per raggiungere poi la caviglia.
Bracci di contromezzana, seguono lo stesso itinerario con il bozzello di ritorno posto immediatamente sotto il trilinaggio.
Bracci di belvedere, partono dal pennone, passano attraverso un bozzello fissato sulle sartie di gabbia maestra per arrivare a caviglia (da notare che i bracci relativi sono incrociati per favorire un maggior angolo di tesata).
Bracci della civada, partono come dormienti dallo straglio di trinchetto, passano attraverso un bozzello vincolato all’estremità del pennone, ritornano su un bozzello immediatamente al di sotto del dormiente, attraversano un bozzello di rinvio posto ai piedi del bompresso per arrivare alla caviglia sul castello di prua.
Bracci di controcivada, partono dal pennone, attraversano un bozzello posto nella parte bassa dello straglio di parrocchetto, passano poi in un altro posto sullo straglio di trinchetto, infine attraverso la rastrelliera di bompresso finiscono a caviglia.
Bracci dell’alberetto di parrocchetto di bompresso, seguono le stesse fasi del pennone di civada ad eccezione del bozzello di rinvio che si trova sul bompresso stesso.
Mure: come per i bracci anche queste vanno distinte a seconda della loro destinazione.
Mure di maestra, partono dalla bugna della vela, attraversano un bozzello fissato fuoribordo e finiscono in galloccia attraversando la murata provvista di puleggia chiamata buco di mura.
Mura di granfiocco, passa attraverso un foro eseguito sull’estremità dell’asta del fiocco e fissata al violino di bompresso.
Mura del secondo fiocco, viene fissata al cerchio di mura del fiocco.
Mura del terzo fiocco, viene fissata all’albero di bompresso.
Mura della trinchettina, viene fissata tra lo straglio ed il controstraglio di trinchetto.
Mura della gran vela di straglio, viene fissata alla pazienza di trinchetto.
Mura di straglio di gabbia maestra, come la precedente.
Mura di straglio di pappafico, viene fissata all’incappellatura di trinchetto.
Mura di straglio di mezzana, viene fissata alla pazienza di maestra.
Mura di straglio di contromezzana, viene fissata allo straglio di mezzana.
Mura di straglio di belvedere, viene fissata alla gabbia di maestra:
Scotte: vengono elencate come le precedenti.
Scotte della vela di maestra: partono come dormiente fuoribordo fissate ad un’anello sull’incintone sopra i giardinetti, passano attraverso un bozzello fissato sulla bugna, poi in un’ulteriore bozzello fuoribordo, rientrano sotto il cassero per poi arrivare a galloccia.
Scotte della vela di trinchetto, come sopra ma con rientro sul secondo ponte.
Scotte della vela di mezzana, parte da dormiente su un bozzello sito al piede dell’asta di bandiera, passa attraverso il bozzello di bugna, ritorna al primo bozzello e poi a galloccia.
Scotte delle vele di gabbia, partono dalla bugna, attraversano il bozzello doppio posto sull’estremità del pennone, successivamente in un secondo bozzello al centro del pennone, scendono lungo l’albero fino al bittone e poi alla caviglia.
Scotte di parrocchetto e di contromezzana, come sopra.
Scotte di pappafico, sono gli stessi cavi degli amantigli, questi partono come dormiente dal bozzello fissato sotto la crocetta, attraversano il bozzello fissato sul pennone, ritornano al bozzello di crocetta e poi lungo l’albero fino alla caviglia.
Scotte di civada, partono dal dormiente dallo stesso punto di quello di trinchetto, passano attraverso un bozzello legato con un lungo cavo alla bugna ed arrivano ad una galloccia sul secondo ponte.
Scotte di straglio, costituite da due paranchi di cui un bozzello fissato al ponte e l’altro alla bugna, attraversano il bozzello di ponte, il bozzello di bugna e tesati su gallocce.
Scotte dei fiocchi, come sopra e tesati sulle gallocce del castello di prua oppure sotto le sartie di trinchetto.
Anche gli imbrogli seguono la stessa nomenclatura che é descritta qui di seguito.
Gli imbrogli per le vele maggiori sono:
Caricabugne, uno per ogni bugna, partono dal dormiente sul pennone, passano attraverso il bozzello di bugna, ritornano attraverso un bozzello sul pennone vicino al dormiente deviato da un altro bozzello sito sulla crocetta, scendono lungo l’albero ed infine voltati a caviglie.
Caricafondi, due per lato, parte in prossimità della bugna, corre in parte lungo la ralinga, risale a proravia della vela, attraversa un bozzello sul pennone, poi un altro doppio sotto la coffa per finire poi in cavigliera.
Caricaboline, due per lato, utilizzano la stessa tecnica del precedente ma queste partono dalle ralinghe di caduta.
Gl’imbrogli delle vele di pappafico sono soltanto i caricabugne.
Gl’imbrogli delle vele di civada e controcivada, sono soltanto i caricabugne i quali partono dalle bugne, attraversano il bozzello di pennone, scendono nel bozzello di bompresso, attraversano le rastrelliere e finiscono a cavigliera sul cassero di prua.
Gl’imbrogli della vela di mezzana erano sei e fissati sulla ralinga di caduta, passano attraverso altrettanti bozzelli e finiscono a cavigliera.
Vengono ora descritte le boline.
Boline di trinchetto, passano attraverso un bozzello posto all’estremità dell’asta di fiocco, poi attraversano un altro bozzello sul bompresso, successivamente in un’ulteriore bozzello sito sulla gruetta per arrivare alla cavigliera di prua.
Boline di parrocchetto, passano attraverso un bozzello fissato sullo straglio di pappafico, successivamente in un altro bozzello stroppato su quello di bolina di trinchetto posto sull’asta di fiocco, poi attraverso la rastrelliera di bompresso oppure attraverso i bozzelli fissati sullo straglio di maestra per finire poi a cavigliera.
Boline di pappafico e di contropappafico di trinchetto, seguono gli stessi itinerari di quelle di parrocchetto.
Bolina di maestra, passa attraverso la pastecca (bozzello aperto) fissata al parapetto di prua e finisce in una galloccia di fronte all’albero di trinchetto.
Bolina di gabbia, passa in un bozzello sito sotto la coffa di trinchetto, poi in un’altro bozzello fissato sulla sartia a poppavia del trinchetto e finisce a galloccia sotto la sartia.
Da notare che queste boline vanno incrociate.
Bolina di contropappafico di maestra, passa attraverso un bozzello posto nella parte alta dello straglio di pappafico poi, parallelamente a questo, segue lo stesso itinerario di quelle precedenti.
Bolina di contromezzana, passa attraverso un bozzello sito sulla sartia di maestra a poppavia sotto il trilinaggio, poi in un bozzello fissato sull’impavesata per finire a galloccia.
Anche queste boline erano intrecciate.
Bolina di belvedere, attraversa il bozzello fissato sulla sartia di gabbia, passa attraverso la coffa, finisce in galloccia vicino alle boline di contromezzana.
Come le precedenti anche queste sono intrecciate.
Ritenute della boma, sono due paranchi che hanno dormiente su un bozzello fissato sul cassero, poi attraverso il bozzello di boma a due occhi e di nuovo a quello di ponte, ripassa a quello di boma e finisce a galloccia. Ostini, uno per lato, partono dal picco e finiscono a caviglia.

le vele addizionali

Quando il vento è debole per aumentare l’andatura della nave vengono aggiunte alle normali vele altre vele di caccia.
Queste vele sono divise in: scopamare, coltellacci e coltellaccini.
Gli scopamare, si distendono lateralmente al trinchetto ed alla maestra per mezzo dei pennoni di coltellaccio fissati sulle aste dei coltellacci e dei lancialovi infieriti sull’estremità inferiore degli stessi scopamare.
I coltellacci, si distendono lateralmente alle gabbie per mezzo dei pennoni di coltellaccio fissati sulle aste di coltellaccio superiori e sulle aste di coltellaccio inferiori.
I coltellaccini si distendono lateralmente ai velacci come i coltellacci.
LE VELE ADDIZIONALI (costruzione)
La costruzione delle vele addizionali segue passo passo la stessa delle vele normali compresa l’infieritura sui pennoni di coltellaccio.
VARIAZIONI SULLA COSTRUZIONE Anche le variazioni seguono le stesse delle vele normali.

le vele e loro infieritura

La vela è una superficie di tela disposta sul pennone in modo da ricevere la forza del vento atta a trasmettere l movimento di una nave.
Le vele, secondo la loro destinazione, hanno le seguenti forme: quadra, trapezio e triangolare.
Anche la loro infieritura varia a secondo dell’utilizzo e può essere a pennone, ad albero ed a cavo.
La vela è costituita da una serie di strisce verticali chiamate ferzi tenute tra loro con una doppia cucitura.
La distanza tra le due chiamata vivagno è di circa due o tre centimetri.
Lungo il perimetro della vela viene ricavato un’orlo chiamato vaina e per tutto il suo esterno viene cucito un cordone di canapa detto gratile.
Nei punti di maggior sollecitazione la vela viene rinforzata cucendo altre strisce in tela.
Questi aggiuntivi sono: batticoffa e terzaruoli.
I terzaruoli, presenti in uno o due per le vele basse e tre o quattro per le vele di gabbia, sono rinforzati orizzontalmente e presentano degli occhi dove sono cuciti i matafioni.
I matafioni sono delle cordicelle che pendono da una parte e dall’altra della vela e servono per mantenere piegate le vele sia in parte che interamente lungo il pennone.
LE VELE E L’INFIERITURA (costruzione)
Acquisire della stoffa molto fine tipo percalle o pelle d’uovo e metterla a bagno nel thè.
Riportare con il sistema che ormai conosciamo la pianta della vela su cartoncino rigido.
Posizionare il cartoncino sulla stoffa, fermarlo con degli spilli e ritagliare la stoffa intorno alla forma con un centimetro circa in più che servirà per l’orlo.
Cucire l’orlo con doppio risvolto utilizzando un filo dello stesso colore del refe.
Tracciare con una matita dalla punta morbida tipo 2B le linee verticali che simulano l’unione dei ferzi e quelle orizzontali che simulano le bende dei terzaruoli.
Ripassare con le cuciture le linee disegnate a matita.
Cucire tutt’intorno alla vela il gratile costituito da refe di misura variabile a seconda della scala:
scala 1:50 refe mm 1,3
scala 1:75 refe mm 1
scala 1:100 refe mm 0,75
Cucire con refe mm 0,25 i matafioni facendo un nodino in ingresso ed uno in uscita dalla vela.
Infierire la vela al pennone utilizzando refe da mm 0,5.
VARIAZIONI SULLA COSTRUZIONE
Anche se non sembra una vela presenta molti più dettagli di quelli descritti nella costruzione.
Il primo è quello relativo alle cuciture dei ferzi.
Infatti le cuciture verticali sono doppie ed a seconda della scala distano in maniera differente.
Tuttavia data l’esigua distanza (in rapporto ai nostri modelli) questo lavoro si può fare soltanto per modelli di grande scala (un millimetro di vivagno per una scala di 1:30!).
Si possono tracciare inoltre altre cuciture che simulano i rinforzi ed i batticoffa.
Lungo il gratile vanno poi cucite le bose utilizzando lo stesso refe del gratile.
Le bugne anzichè essere formate da un semplice occhiello ricavato dal gratile, possono essere costruite utilizzando un’anello di legno duro con gola attorno alla quale passerà il refe che costituisce il gratile.
Infine il colore più appropriato dovrebbe essere un grigiastro tendente all’avana (thè).
In questo caso utilizzare colori specifici per stoffe (sempre ad immersione e non i colori a pennello) che andranno poi sfumati con polveri da trucco femminile.